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quante cose l’uno può concepire, tante l’altra s’ingegni di bene esprimere e partorire. E tutto che queste sieno infinite, nientedimeno a duo capi famosissimi si riducono: imperocchè tutto quello che opera l’intelletto e parla la lingua, bisogna che necessariamente o vero o verisimile sia. Lascio da parte il falso e ’l non verisimile, sì perchè l’intelletto non l’ha per fine, come anche perchè dalla cognizione del vero segue senza dubbio quella del falso; essendo, come dicono i filosofanti, che le cose contrarie per esser d’una stessa natura si conoscon l’una per l’altra. Ma che cosa è egli al fin questo vero? Niente altro che ’l concetto adeguato alla cosa intesa, il quale nell’intelletto si spoglia della materia, e nella lingua si veste della favella. Questo vero è poi di due sorte, o contemplabile, o eligibile. Il verisimile parimente è pur di due sorte, cioè probabile, e imitabile. Da questi quattro termini, contemplabile, eligibile, probabile, e imitabile nascono tutte le scienze,