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Non teneva ei dunque a vile la poesia, e se aborriva, come dice il buon Muratori,1 il titolo di poeta, egli è perchè lo vedeva dare oggimai quasi per istrazio, e da’ protettori e protetti indegnamente avvilito: onde anche nel suo poema si duole che le ^acre Muse fossero «Amore e studio Beato un tempo ora infelice e vile,» e in una lettera al Baldi dice l’età nemica, e la fortuna sua nemicissima delle Muse. Mentre nello scrivere il Pastorfido ei compiaceva al suo genio, all’istinto d’emulazione, e al desiderio di gloria, volle anche sfogare l’amarezza dell’animo per le speranze deluse dopo quattordici anni di stentatissima sewitù* e fare immortale, come i poeti possono e sanno, la il Foscolo diceva parlargli nel cuore, ed essere Unico spirto a sua vita raminga? ’ V. Perfetta Poesia, Voi. 2., C. ± 2 Let. p. 198.