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Ti sacra altari e tempj!
Ma che tempj diss’io? piuttosto asili
D’opre sozze e nefande,
Per onestar la loro
Empia disonestate
Col titolo famoso
Della tua deitate.
E tu, sordida Dea,
Perchè le tue vergogne
Nelle vergogne altrui si veggan meno,
Rallehti lor d’ogni lascivia il freno:
Nemica di ragione,
Macchinatrice sol d’opre furtive,
Corruttela dell’alme,
Calamitá degli uomini e del mondo:
Figlia del mar hen degna,
E degnamente nata
Di quel perfido mostro;
Che con aura di speme allevatrice
Prima lusinghi, e poi
Movi ne’ petti umani
Tante fiere procelle
D’impetuosi e torbidi desiri,
Di pianti e di sospiri.
Che madre di tempeste e di furore