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E le leggi non sa nè dell’amare
Nè dell’esser amata; e che T men degno
Sempre gradisce, e ’l piú gentile abborre.
Ma dimmi, Coridon, se non ti move
Lo sdegno del disprezzo a vendicarti,
Com’esser può che non ti mova almeno
Il dolor della perdita e del danno?
Non ho perduto lei che mia non era,
Ho ricovrato me ch’era d’altrui.
Nè il restar senza femmina sí vana,
E sí pronta e sí agevole a cangiarsi,
Perdita si può dire. E finalmente,
Che cosa ho io perduto? una bellezza
Senza onestate, un volto senza senno,
Un petto senza core, un cor senz’ alma,
Un’alma senza fede, un’ombra vana,
Una larva, un cadavero d’Amore
Che doman sará fracido e putente.
E questa si de’ dir perdita V acquisto
Molto ben caro, e fortunato ancora.
Mancheranno le femmine so manca
Corisca? mancheranno a Coridone
Ninfe di lei piú degne e piú leggiadre?
Mancherá ben a lei fedele amante,
Com’era Coridon di cui fu indegna.