Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/596


— 532 —

tissimo de gente e de tesori, un dì cavalcando per lo suo dominio accompagnato da molti de soi baroni, come a sì gran principe se richiedeva, essendo al valicare d'un fiume, alla riva del quale era un agricola che con li altrui boi sulcava il non suo terreno, al quale fu detto: Ecco il Re; il poveretto sapendo che de costume antiquato già era che ognuno a la prima vista del Re gli dovesse fare alcuna oblatione, quale poco e quale molto, secondo che era el potere de ciascuno; e lui vedendosi senza modo alcuno possere, come era già debito, il Re in segno di maggioranza onorare, compunto subito da mirabile tenerezza procedente dal centro del suo core, lassati i boi, con frettolosi passi se buttò dentro il fiume in mezzo del quale vide el Re, e con le mani gionte pigliò un pugno d’acqua, e andò verso lui, e gli disse: Signor mio, in me non è oro nè argento nè niuna altra facoltà da posserte, come è già debito, reverire e come a Re mio signore cognoscere, se non de questa poca acqua, quale nelle mie faticose mani già vedi: prendila dunque te supplico con quella purità de core con la quale te la dono, e sappi del certo che se da lieta fortuna me fosse stato concesso, come se te conviene te averia fatta la debita oblatione. Mirabile fu la umanità del Re adoperando gesto degno de vero e naturale gran signore; e non isdegnò inclinare la soa delicatissima bocca nelle lutulente e rozze mani del villico coltivatore della terra a bere de quella acqua, non avendo respetto a la qualità del piccolo dono, ma solo al puro affetto del donatore; e del tenero suo amore rengraziatolo, cavalcò oltre e andossene con Dio. Dunque tornato che avrai a memoria il detto esempio per autorità