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MASUCCIO.
Quale ornata ed esquisita eloquentia fosse bastevole scrivendo ricontare le accumulatissime virtuti che nel divo spirito de questo terreno dio come a proprio loco de continuo albergano? chi dunque potrà in carta ponere tante soe laudevoli parti, tanti digni gesti da vero figliuolo del Re e gran signore in ogni loco per lui adoperati? chi cantarà la gloriosa fama e perpetuo nome che Costui per Italia per propria vertute se aveva vendicato? chi saperà con tante excessive laudi commendare questa recontata virtute magnifìcentia e liberalità per lui usata verso il suo caro e fedele servitore? Quale patre per unico figliuolo, o uno fratello per uno fratello, o vero amico perfetto per amico, che più oltra dire non si può, avesse operata virtute alcuna che a questa equare si possa? Io volendone alcuna parte toccare sento rauca la mia lira, debile cognosco l’ingegno, e la ruzza mano insufficiente volgerà la penna: taceronne prima de tutto che non posserne a bastanza parlare. E di ciò restandome non me occorre altro de dire se non beati i populi che da lui saranno retti e governati; beati i servitori che el vedono, beati i creati che el servono; ma beatissima dirò a Te immortale dea Ippolita Maria soa dignissima consorte, a la quale da li fati te fu concesso de possedendo godere tanto tesoro: però non meno felicissimo pur dirò meritamente Lui essere per divino sacramento congionto con tale dignissima Madonna, speciosa de virtù e de onestate, fonte de bellezza e de liggiadria, fiume de magnificentia de gratitudine