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NARRAZIONE.


Recordome più volte da mio vetusto avolo avere per verissimo sentito recontare, come nel tempo de Carlo Secondo fu in Salerno un singulare cavaliero d’antiqua e nobile famiglia, chiamato misser Mazzeo Protojudice, ricchissimo de contanti e d’altre notevoli robe oltra ogni altro suo compatriota, il quale essendo omai d’anni pieno, gli si morì la sua donna, e di lei una sola figliola remastane Veronica nominata, giovene bella e discreta molto, la quale o per lo soperchio amore che il patre come a unica e virtuosa le portava, overo per farne alcuna alta parentela, ancor che da molti gli fosse stata per moglie dimandata, pure in casa non maritata la tenea. Dove avvenne che essendo praticato da la sua fanciullezza in casa loro un nobile giovinetto, chiamato Antonio Marcello, con colorata cagione di certa larga parentela che con la moglie del cavaliere avea, Veronica gli avea posto in maniera el suo amore addosso che non ne possea riposo alcuno pigliare. Antonio ancorché discreto e onestissimo fosse, e dal patre de lei come a proprio figliolo amato, pur avendo el fatto ottimamente inteso, e come a giovine non possendo a li colpi d’amore col suo debil senno reparare, da pari fiamma acceso, avendo l’attitudine al comune volere conforme, con acconcia maniera d’amor gustar li più soavi fruiti; ed ancor che con discretissimo ordine godendo continuassero in tanto piacere, pure loro provedimento non bastò a reparare al gran naufragio che da la invida fortuna lor era apparecchiato. Però che essendone una notte insieme lietissimi e senza alcun sospetto, avvenne