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essere. E mi diedi a cercare i monumenti d’ogni sorte che rimangono del regno: e ricercando trovo Masuccio, e ne ho quell’allegrezza che si ha a trovare un parente che si riconosce un valentuomo. Ecco qui una pruova che non siamo protonobilissimi, ma un cencino di nobiltà l’abbiamo anche noi; parlare italiano e scrivere con garbo, e farci intendere da tutti, e piacere a tutti, sapevamo anche noi.
Come adunque io ebbi il Novellino, e ne sentii il pregio, e ne vidi lo strazio fatto nelle ultime edizioni, desiderai vedere il vecchio Masuccio nel suo secolo, vedere il libro in una delle quattro edizioni del Quattrocento; ed avuta la bella edizione di Venezia del 1492 l’ho ricopiata tutta di mia mano dalla prima a l’ultima parola, e ho fatto come il numismatico che con lo spazzolino toglie via dalla moneta antica non la ruggine, ma quel tanto di terra che gli basta per leggerla. Oh, si stampa forse il Decamerone con quella stessissima ortografia che è nel testo Mannelli? Certo che no. Così ricopiando e ripensando ogni parola ogni concetto del libro, conoscendo il dialetto, i luoghi, e le usanze, e un po’ la storia nostra, ho potuto leggere chiaro, e con ragionevole punteggiatura far leggere anche chiaro chi vorrà, chè anche questa bella edizione, come le antecedenti, ha i suoi errori di stampa, e abbreviazioni, e trasformazioni di parole. Avendo poi veduta in Roma la seconda edizione, Milano 1483, sovra essa ho corretti molti luoghi, ma ancora alcuni rimangono oscuri, per errori corsi nella