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poco tempo si fa che vi fu un gentiluomo d’antiqua e nobile famiglia, assai giovane e costumato e tutto pieno de piacevolezza, per nome detto Antonio Moro, il quale avendo qui nel Reame presa meco singolare amistà, tra gli altri nostri piacevoli ragionamenti me recontò per verissimo el sottoscritto caso essere a lui pontualmenie travenuto, il quale per rimembranza de la patria a te scrivendolo con li altri ti ho accompagnato. Dico adunque che questo Antonio un dì andando a diporto per Venezia con un suo compagno carissimo con una barchetta secondo la vostra usanza, e trascorrendo da un canale a un altro gli venne veduta una vaga e bella giovene, e forse fiorentina de Zara1, moglie d’un schiavone pescatore chiamato Marco de Cursola, il quale più volte era andato per marinaro de una gran nave, con la quale Antonio patronizzandola de molte acque avea solcate; e quella singularmente piaciutali, per non dare più lunga dimora al fatto, le mandò parlare per una pratica vecchia molto domestica de la giovene; a la quale non meno piacendo l'ambasciata che colui che gliela mandava el dì davanti le era piaciuto, senza volere tenere la cara messaggiera in longhe trame, rispose, dal canto suo lei essere apparecchiata a satisfarlo, ma le parea quasi impossibile che ciò avesse in alcuno atto possuto avere affetto, attento che el marito giammai de notte la lassava, ne de dì in casa lo averia possuto recevere per la contrata che era sì folta abitata che un uccello non vi averla possuto entrare che non fosse da molti stato veduto. Antonio intesa la volontà de la giovene, gli parve gran parte de la fatica essergli scema, e al resto subito

  1. Fiorentina di Zara, che voglia dire non so.