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mia, a te conviene avere pacienzia, però che in questo ponto abbiamo ucciso il tuo omo, e imperò in lui non più sperare, che io intendo di tua gentile persona finche io sarò vivo godermi. O pietose e lacrimevoli donne che nella mia dinigrata novella il crudelissimo e mai non udito caso vi siete degnate di leggere e ascoltare, se niuna de voi mai unicamente amò suo marito o d’altro amante fosse fieramente presa, e Voi giovini innamorati che nel colmo di vostra fiorita età già sete, se amore per alcun tempo i vostri petti di pari fiamme riscaldò, deh, io vi prego, se umanità alcuna in voi regna, con le vostre più mestose lacrime accompagnate a piangere la mia penna che scrivere non sa nè vale l’acerbo e intollerabile dolore che la giovene disavventurata più che altra femmina in quel punto sentì. Però ch’io volendone alcuna cosa narrare mi si representano le spaventevoli immagini di quei lazarini che intorno a la miserrima giovene stavano, con gli occhi arrobinati, e pelate ciglia, li nasi rosi, le guance tumide e dì più varii colori depente, i labbri rivolti e marci, le mani fedate paralitiche e attratte, che come noi veggiamo più a diabolica che ad umana forma sono assomigliate, li quali sono di tanta forza che impediscono la mia tremante mano che scrivere più oltre non le è concesso. Voi dunque che con pietà ascoltate, considerate quali pensieri furono i suoi, e di quanto spavento, oltre il cordoglio, le era cagione il vedersi tra due ferocissimi cani che erano sì infiammati che parea che ognuno de essi volesse essere il primo corretore.1 Lei oltre li

  1. Corretore, corridore; il primo a correrle sopra, a farle oltraggio.