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matrimonio sposa del mio terreno Idio Alfonso de Aragona Duca de Calabria, primogenito del invitto e potente Signore don Fernando de Sicilia Ungaria et Jerusalem Re pacifico e felice; quale guardando la inaudita pudicitia1 tua, el reale e arcano secreto teco como unica figliola partecipa2. Tu in consiglio sei un’altra Sibilla Cumana, tu in humanità trapassi quante romane e greche e troiane donne mai foro al seculo: del che meco medesimo pensando devento statua più che i guardanti Medusa. E certamente potesi per nostri Partenopei benedire lo superno Jove averne alli dì nostri de toa immensa virtù donati in amore al nostro terreno, dove nè humana nè celeste ira per toe sante orationi pote mai fulminare. Dove trovandome io Obbligatissimo, como la mia rude penna dimostra, a tua Sublimità, non resterò mai, fin che posseda queste a fatigose membra el mio piccolo spirito, e laudare et extollere al cielo la tua virtù, e prestissimo quanto fido schiavo comparere a quanto posso e fazzo per Tua illustrissima Signoria. De che venendome tra mano per mezzo del Parmisano Johan Marco3, unico scriptore de quante littere mai fo-

  1. Questa pudicizia detta inaudita ci fa pensare alla corruzione de’ tempi, in cui una donna pudica era cosa inaudita!
  2. Il periodo finirebbe più giù a la parola Medusa, perchè lì si compie il pensiero. I nostri vecchi scrivevano alla buona, come parlavano. Qui il pensiero dentro è un pezzo, fuori apparisce scucito nella sintassi e nell’ortografia.
  3. Tra le poesie dell’infelice Conte di Policastro, figliuolo di Antonello Petrucci, pubblicate da S. d’Aloe col processo