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neramente avvinghiatogli il collo, disse: Dolcissimo Signore mio, se io sola, col mio provvedimento insieme, sono stata cagione di qui per questa volta condurti, a me medesima rendere ne debbo gratie; di quanto per lo innanzi farete con effetto dimostrazione di amarmi, e a Voi e ad amore ne resterò obbligata; e però altro non me resta a dire se non che de continuo me te recomando. Lo illustrissimo signore Principe con dolci e affettuose parole confortatala, con piacere e festa si divisero. Come e quale tale amore si continuasse, chi il vole sapere ne faccia processo.


MASUCCIO.


Retrovandomi uno di questi dì tra una brigata di donne, tra le quali ve ne erano alcune che studiavano nel Maestro delle Sentenze, con le quali ragionando de lor imperfettissime scelleragini, innate malizie, astutie, e cattivitati, quante nelle passate mie novelle se conteneno, tutte come cagne arrabbiate me se voltaro incontro rimproverando lo mio scrivere, dicendo che anco gli uomini, che se tengono e deveno essere de maggiore perfectione e fermezza che le donne, se lassano di continuo da la sensualità vincere e trabocchevolmente cascare, e sopra ciò venendo con meco a tante inoneste e strette particolarità, che non che a modeste donne, ma a lascivi uomini sarebbero state d’avanzo. Di che Masuccio, che non avea lassata la lingua in pegno al Giudeo, dopo che con un fiume di proprii e convenienti adiettivi quasi in rima posti, loro ebbe dichiarata la scrittura, disse, che quando gli uomini