Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 321 — |
coltà non piccola il menorono in bottega, e saputo da lui tutto il fatto come era andato, e chi era il frate, si cavò fuori e pose silenzio al molto abbaiare dei vicini, dicendo che erano stati due suoi garzoni che si avevano feriti. Ed essendo ognuno quieto, come il frate volse, la Viola chiamò piano il fabro, il quale in casa intratogli e trovato il frate mezzo morto, dopo molti e diversi debatti, col suo fante sel posero in spalla e insino al suo convento nel condussero; e ritornato ne fece il Genoese sopra un somaro portare a la sua stanza. E lui in casa di Viola rientrato essendo omai dì, mangiatisi insieme i caponi, e oltre a ciò satisfatto intieramente al suo desiderio, lietissimo se ne tornò a battere il martello. E così il maestro come ad ultimo corretore fe' restare i compagni con beffe e danno e con dolore.
MASUCCIO.
Di non piccola prudenza potrà essere la nostra Viola e meritamente commendata per avere a tutti tre gli amanti in una medesima notte con acconcia maniera recapito donato; e come che li due con lor grandi interessi1 se ne ritornassero a casa accompagnati donde soli se n’erano partiti, pur lei con la plenaria remissione più volte datale dal venerabile patre restò a insegnare al fabro la nova maniera dei balli, che il Genoese con poco piacere mirandoli avea già imparati. Ma lassando Viola col maestro dell’apparecchiato desinare godere, e in altri più cupi pelaghi navigando, mostraremo appresso un’al-
- ↑ Qui interesse sta per danno che si riceve come frutto da qualche cosa.
Masuccio. | 21 |