sere avesse ricevuto più che perdere la propria vita avrebbe noiato. Si deliberò, se vero fosse, prima morire che comportarlo; pure come a vecchia e pratica propose volersene prima del tutto certificare, e dopo al suo patrone il palesare. E un dì che il cavaliero era andato fuori la città per suo diporto a caccia di sparvieri, e lei estimando che la donna con tale destro averia continuato a buon giuoco, le si occultò sotto al suo proprio letto, ove attenta stando conoscette che la donna con arte dava onesto commiato a le brigate de la casa, e la vide sola col nano entrarsene in camera, e serrata la porta, li sentì forse per non perdere tempo senz’altro contrasto salire sopra il letto e cominciare il loro solito lavoro. La vecchia mora uscita d’agguato, e vedendoli a la scapestrata fare un novo ballo di personaggio, e talvolta la donna cavalcare sopra il rospo alla giannetta, fu di tanto insopportabile dolore afflitta e da fiera ira accesa, che senza altra consideratione vedendo ad un lato de la camera una lancia che il cavaliero per li porci salvaggi adoperava con pesante ferro aguzza e tagliente, e quella presa e montata sopra il letto senza essere da coloro sentita, buttata con gran furia la lancia tra li reni de la donna e sopra quella premendose, non solo lei, ma anco il Nano trapassò insino a li panni del letto: i quali senza possersi da la lancia sviluppare l’uno sopra l’altro abbracciati in breve spazio se morerono. La mora dopo il fatto alquanto raffreddata le parve avere fatto meno che bene a procedere a la vendetta la quale a lei non si aspettava, pure serrata la camera senza moverli come giacevano, manda spacciatamente un fante al cavaliero, che se volesse