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sotto la pelle, Masuccio si lascia trasportare, e talvolta sfuria senza riguardi: il fiorentino è misurato e corretto, il napoletano è di una natura aperta, e parla come vien viene: Messer Giovanni ebbe ingegno e dottrina, e fu al suo tempo un grande erudito; Masuccio fu segretario di un signore, non si perde in erudizioni, e confida soltanto nel suo ingegno rigoglioso.
Ma dopo l’unico Decamerone, a me pare che il Novellino sia l’opera meglio organata e compiuta. Nella prima parte si tratta della materia dei finti religiosi; nella seconda di varie beffe fatte a gelosi; nella terza delle male arti delle donne; nella quarta di materie lacrimevoli e piacevoli alternativamente; nella quinta di magnificenze e cortesie: in fine v’è un parlamento dell’autore al suo libro. Ogni novella ha in principio una lettera1 detta esordio, e in fine una conclusione morale intitolata Masuccio. Se volete vedere quanto queste lettere e conclusioni sieno necessarie non pure all’armonia artistica dell’opera, ma all’intendimento dell’autore, confrontate la novella delle brache di S. Griffone fatta da Masuccio con la medesima rifatta dal Casti che ne ha tolto l’esordio e la conclusione, e vedrete che il Casti non vuole altro che farvi ridere, Masuccio dopo che ha raccontato il fatto, vi ripensa nella conclusione, se ne scandalezza, se ne sdegna, e vi fa pensare. Quella con-