con acconcia maniera gli rispose, che la seguente sera ai suo giardino a piede di cotal albero si conducesse e l’attendesse, che addormito che fosse il suo marito, e il resto de le brigate poste in assetto, a lui andarebbe più che volentieri. Il cavaliere lietissimo, come ciascuno può pensare, parendogli che il consiglio dell’amico procedesse, come notte fu, accompagnalo da suoi famigli, quando ora gli parve, al signato loco aspettando la sua donna si condusse: la quale non doppo molto aspettare, sentendo che il cavaliero era venuto, chetamente aperto l’uscio che al giardino usciva, con menuti passi a lui se ne venne; il quale fattolesi incontro con le braccia aperte graziosamente la ricevette dicendo: Ben venga l’anima mia, per la quale tanti affanni ho già sostenuti. E doppo mille dolcissimi baci e dati e ricevuti, sotto un odorifero pomo arancio si posero a sedere, aspettando il segno di una fida fante che a una camera terrena li conducesse ove un letticino con dilicatura e ben profumato per loro avea acconciato. E qui per mano tenendosi, sollazzando, e baciandosi come negli aspettati ultimi termini d’amore si richiede, venne nel disio al cavaliere di domandarla de la cagione di tanta fiera rigidezza per sì lungo tempo dimostratagli, e come così di subito fuori d’ogni speranza tanto graziosa e benigna gli era dinanzi apparuta, e fattogli conseguire il degno effetto, quale pur vedendolo appena credere il potea. La donna senza prendere tempo a la risposta gli disse: Caro e dolcissimo signore de la vita mia, a la tua piacevole domanda satisfacendo per quello più breve modo che posso risponderò. Egli è vero, e forse che tanto tempo cruda e fiera mostrata me te