verchio; ma faccia il signore Dio che con comune commodità i frutti de la nostra buona amicitia vi possa dimostrare. E con la detta conchiusione da lui partitosi, montato a cavallo, come già era solito, per la contrada de la sua donna passò, e per avventura come lor comuni fati aveano forse per lor pari felicità ordinato, vide la giovene alquanto dimostrarsegli a la finestra, e poi indietro quasi raminga1 tirandosi fargli una piacevole e pietosa guardatura; del che lui mirandosi intorno, e niuno vedendo, non avendo tempo di usar più lungo sermone, li disse: Carmosina mia, confortati, che io ho dato modo di presto cavarti de prigione; e andossi con Dio. La giovene che ben avea le parole de l’amante intese, ne fu non poco contenta, e quantunque a lei non potesse andar per il capo che ciò dovesse alcun buon effetto parturire, nientedimeno da fredda speranza incitata sperava e non sapeva del che. Il cavaliere gionto in casa, e fattasi venire la schiava, li disse: Anna mia, fornita è già la cosa tra noi ordinata, e però fa che sei prudente a quel che averai da operare. La quale ancora che dottissima fosse nell’arte, più volte insieme l’ordita trama reiterarono. E così di lì a pochi dì essendo ogni cosa in ordine, andatosene dal vecchio mercatante in tal forma gli parlò: Quanto a me sia noioso il partirmi per alcun terminato tempo da la vostra fruttuosa amistà, il veto conoscitore di tutti i secreti me ne sia testimonio; tuttavia convenendomi pur questa notte partire, per essere il mio passaggio in ordine, vi sono venuto a chiedere commiato, e oltre ciò togliere il danaro che vi chiesi, e che man-
- ↑ Che vuol dire questo raminga non so: forse smarrita?