tento. Ed avendo da la matina per tempo de quanto per compimento del fatto fosse da fare e dire pienamente il suo oste informato, e similmente posti tutti i soi famigli in faccende che ninno se ne facesse insino al tardi vedere, aspettato con quelli fin che la festa fu finita, con loro medesimi verso la casa se ne ritornò; e gionti dinanzi lo suo albergo, preso Joanni per mano in cotal modo a dirgli cominciò: Maestro mio caro, tante volte mi avete convitato e fatto onore in casa vostra, che mi pare assai conveniente cosa, ancora che io sia qui forestiero, che voi stamane con questi vostri compagni restate a far colatione con meco. Joanni che, come è detto, gelosissimo era, e che non manco degli uccelli che degli uomini temea, parutogli assai duro menar la moglie disnando per gli alberghi, ancora che avesse cambiato vestimento, avendo più volte repugnato e renunciato l’invito, costretto a l’ultimo a non turbar lo amico, spronato massimamente da le persuasioni e conforti del caro compare, ad accettar si condusse. E monlati de brigata sopra una loggétta ove era la tavola posta e bene adornata, chiamato ilcavaliere subito l’oste, e domandatolo dove fossero suoi famigli, gli rispose che per comprar biada e strame almercato erano andati; del che fingendosi turbato disse: Ancora che tutti fossero appiccati per la gola noi pur faremo i fatti nostri; fate voi che abbiamo a mangiare del buono. A cui Foste, come già ordinato gli era, rispose: Messere, qui non è cosa alcuna dilicata in ordine secondo voi vorreste. Come no? disse il cavaliere, poltrone ribaldo, che mi vieii voglia ista mane cavarti gli occhi; ho dispesi qui oltre a ducento fiorini, e ora che ho menato meco