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guerre in diverse parti d’Italia, dicendo sempre che voleva pace. Alfonso suo figliuolo, duca di Calabria, fu prode, violento, feroce, voglioso di guerre, ma nè vincitore nè vinto sapeva riposare, odiato dai soggetti, temuto dai vicini. Questi padre e figliuolo con frode e violenza tennero il regno per trentasei anni; ma non poterono conservarlo nella loro famiglia; e gli ultimi Aragonesi, sebbene non tristi, pur caddero fra pochi anni, ed il regno divenne provincia di Spagna. I nostri baroni quasi tutti forestieri venuti in diversi tempi con tanti re diversi, ai quali avevano dato il loro aiuto nella conquista, e ne avevano ottenuto stati e ricchezze, erano spesso imparentati col re, e si tenevano eguali a lui: patria non intendevano; ma signori del loro stato, per difendere o accrescere la la loro signoria chiamavano qualunque straniero potesse assicurarli; e come i Capitani di ventura, stando anch’essi in armi, cambiavano parti secondo i loro interessi: e quando tra loro si univano, la lega era subito sciolta per tradimenti, e tutti erano oppressi dalla forza. Vinti, spogliati, straziati dagli Aragonesi non si acquetarono, se non quando riebbero i loro stati da lo straniero, che distrusse la patria, ed essi non se ne curarono, anzi non se ne avvidero, perchè non erano sangue nostro.
Morto re Alfonso in giugno 1458, Ferrante cavalcò con tutto il baronaggio per i seggi della città di Napoli, e andò nella chiesa maggiore dove fu benedetto e salutato Re. Il giorno appresso mandò am-