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dogli ridendo la mano, volendo in parole procedere, il prete l’appizzò non altramente che l'affamato lupo la timida capra, e senza alcuna onestà o ritegno non solo a basare la cominciò come il maestro fatto aveva, ma a rabbiosamente mordere, nitrendo forte come cavallo di battaglia: ed avendo già l'arco teso diceva per ogni modo volere ponere lo Papa a Roma. La donna che dal maestro sapeva essere veduta, diceva: Che Papa è questo, e che buona ventura di parole sono le tue? e tutta sdegnosa mostrandosi debolmente si difendeva. Il prete ad ogni ora più infocato nel suo amore, deposte brevemente le parole, deliberò li fatti adoperare; e buttatala di netto sopra un letticciuolo, e forte per lo primo corritore acconciato, riposta la mano ai suoi ferri, gridando: A Roma entra il Papa, il pose alla polita dentro al palio per ciò atto ed ordinato, ed in maniera che ad ogni colpo gli facea vedere e toccare l’altare e la tribuna di S. Pietro. Il maestro Marco che col dolore aveva in parte cacciata la paura, e come fu detto motteggevole era molto, trovandosi massimamente sul sicuro, veduta questa danza, ancorché odiosa gli fosse, deliberò fra sé medesimo fare una nova piacevolezza, e tolta la sua piva che alla cintura tenea, disse: Per mia fé’ quesla non è festa da entrare lo Papa in Roma e andare senza suoni. E postavi su la bocca, cominciò a sonare una maravigliosa entrata di porto facendo continuamente gran rumore e pista sul solaro che di tavole era. Il prete che ancora il ballo non avea finito, udito il sonare e gran schiamazzo farsi sovra il capo, e dubitando non li parenti de la giovene e del marito fossero qua venuti con gladiis et fustibus per fargli