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simate, non altramente che da molta acqua è un piccolo foco spento, ogni mio dolore sostenuto mi fu per quelle immediate tolto. Il marito credulo, udito clie salutifero rimedio a si incurabile infermità si era già trovato, non poco contento ringratiando Dio e San Griffone, al frate all’ultimo voltatosi li rendìo infinite mercè di quanto bene aveva adoperato: e cosi dopo alcuni altri devoli e santi ragionamenti preso commiato il frate ed il compagno onestamente quinci si disparterono. E camminando, sentito il suo buon cane or là or qua andar fuori de scapola, ricordandosi avere la catena al capo del letto dimenticata, dolente oltre modo al compagno rivoltosi, il successo accidente li raccontoe; dal quale essendo al non dubitare confortato, conciosia cosa che la fante saria la prima che le troverebbe e quelle occulteria, quasi ridendo tali parole soggiunse: Maestro mio^ ben dimostrate non essere avvezzo di stare in disagio, volendo ad ogni luogo ove vi trovate donare al vostro cane tuttala scapola ad un tratto; ma forse voi seguite lo esempio dei frati Domenichini, li quali de continuo portano li lor cani senza alcuna lassa; e quantunque facciano di gran prede, non di meno li cani allazzati sono più fieri, e meglio abboccati quando in la caccia se ritrovano. A cui il frate rispose: Tu di’ el vero; e voglia Iddio che del mio commesso errore scandalo non ne segua: ma tu come facesti della preda che tra l’unghie te lassai? So bene io che el mio sparviere prese ad un volo due starne, e avendo per la terza tentato, venne il Maestro, così egli si avesse prima fiaccato il collo. Rispose il compagno: Quantunque io fabbro non sia, m’era con tutte mie forze ingegnato fare due chiodi