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il mistero del poeta 403

d’ogni pregiudizio e di ogni rispetto umano, ma non l’impronta di alcune lievi imperfezioni che furono in lei e che certo rimasero in terra colla sua spoglia mortale, perchè io che un tempo le conobbi e le amai, non so più immaginarla con esse. Per esempio, le fu difficilissimo, mentre visse, di perdonare le offese recate a me, i giudizi acerbi sulle opere mie. Ora non è così e se leggo un’ingiuria contro di me, subito è lei che mi chiama e mi leva a sè amorosamente fuor d’ogni rancore, in una calma non superba. Allora, come ogni volta ch’io le obbedisco, la coscienza del nuovo bene ch’ella opera in me mi mette questa divina gioia di saper che ne ha sicuramente un premio, che ne crescono la sua felicità e la sua gloria. È vero che io, misero, spesso fallisco al proposito di regolar la mia vita come Dio mi mostra per mezzo di lei, perchè le mie infermità sono molte, le prave inclinazioni della mia natura non sono estinte. Anche le tristezze sterili, che una volta mi assalivano di frequente, non sono scomparse del tutto. In quell’abbattimento perdo il senso della compagna mia e delle cose divine, il dubbio mi gela