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396 il mistero del poeta

fece terrore, mi si avventò al collo, mi cadde addosso. Il treno partì. Sedetti stringendomi in braccio il caro corpo tutto sussulti e spasimi, baciando la testa bionda che mi pesava sulla spalla, palpitando e ansando io stesso, ma senza comprendere ancora qual cosa terribile si compiesse, per arcano volere di Dio, in quel momento. Chiamavo: Cara! Cara! Non rispondeva. La stretta delle sue mani al mio collo si veniva rallentando, ma non era tuttavia possibile disgiungerle. Allora mi alzai per coricarla sul sedile; la testa le cadde lungo il mio braccio, le mani rimasero congiunte. Gridai singhiozzando inutilmente nel fragore del treno, chiamai con voce disperata Iddio che solo poteva udirmi. M’inginocchiai, la deposi supina, la copersi di baci e di lagrime levando ogni momento il viso dal suo corpo immobile a gridar aiuto, supplicandola di udirmi, di rispondermi. Le sue braccia inerti mi trattenevano ancora, ma pure incominciavo ad aver la terribile idea che morisse e mi sforzavo di gridare, di gridare sempre, non avevo più lena, non avevo più voce contro la stupida violenza del treno, cacciavo come un frenetico