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il mistero del poeta | 393 |
cinque minuti. Il viaggiatore tornò a dormire. Violet, che aveva pure guardato dal finestrino, si appoggiò daccapo a me e mi domandò se all’indomani, posto che ci fermassimo a Stuttgart, doveva metter lo stesso costume o se avrei preferito l’abito di lana bianca a risvolti di velluto bianco che avevo ammirato moltissimo. Stavo per risponderle quando una testa si levò improvvisamente nel vano del nostro finestrino, vi restò un attimo e ridiscese. Riconobbi l’uomo, scattai avanti stringendo forte le mani di Violet che si voltò di botto. Colui era già scomparso.
— Cosa c’è? — diss’ella,
— Niente — risposi.
— No, c’è qualche cosa, dimmi cosa c’è.
Ella mi aveva veduto in viso un lampo di sorpresa e di collera e non voleva credermi. Non eravamo soli, quindi non poteva interrogarmi con l’impeto che aveva in cuore; mi stringeva il braccio e mi ripeteva piano, in inglese: — Dimmi, dimmi. — Replicai che avevo creduto veder muoversi qualche cosa nella notte, ma che non era stato niente.
Violet non mi disse più nulla; tuttavia mi