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caldo; per le finestre aperte si vedeva un lampeggiar frequente, si udiva qualche rombo sinistro di tuono. Verso la fine bevemmo il generoso Rüdesheimer dell’ospite, e la signora Emma che sapeva dell’altro Rüdesheimer bevuto nel bosco di Eichstätt, mi pregò di ripetere i versi fatti per Luise. Steele osservò che ora avrei dovuto dire il primo così:


A te, mia bionda sposa, il bevo il vino biondo,


e s’incaricò egli stesso di un brindisi poetico a Violet. Poi volle costringere il povero signor Bröhl a farne uno a me. Questi si schermiva quanto poteva, protestando di non essere poeta.

— Ma, santo Dio, — gridò Paolo — alza il bicchiere, di’ «evviva lo sposo» e poi bevi! — Bröhl alzò il bicchiere; in quel punto scoppia un tremendo tuono, Bröhl lascia cadere il bicchiere, il vino salta in aria, la signora Emma strilla, Paolo fa dello strepito per quattro e il mio infelice testimonio resta di sasso. Stavolta Violet rise di cuore e non posso esprimere la gioia che n’ebbi. Mi parve che quel riso limpido