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che doveva appartenermi, diventarne ed esserne riconosciuto signore; e n’ebbi una stretta di piacere.

Violet pensò forse la stessa cosa, perchè arrossì fino al collo.

Mi congedai in fretta e corsi all’Hôtel Krass, dove avevo bisogno di parecchie ore per disporre le cose mie.

Scrissi una infinità di lettere a parenti ed amici, annunciando ex abrupto il mio matrimonio. Avevo l’intenzione di metterle alla Posta il giorno dopo, a Triberg o a Stuttgart; benchè immaginando il giorno dopo, mi paresse impossibile avere il capo ad altro che all’amore e alla gioia. Scrissi pure a mio fratello, poichè l’idea di recare all’altare un’ombra sola di risentimento contro di lui mi metteva raccapriccio. Gli scrissi breve ma affettuoso, ed aggiunsi una riga gentile per mia cognata. Avrei creduto, prima, che questa riga mi dovesse costar molto. Non fu così; ero felice e sentivo in me lo spirito generoso di Violet come se fossi già una persona sola con lei.

Era già notte quando mi posi a scrivere una fila di nomi e d’indirizzi che dovevo lasciare al-