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il mistero del poeta 353

Rüdesheim, ella discese a piedi, appoggiata al mio braccio. Si fermava spesso, e allora mi si appoggiava pure con la spalla: una dolcissima cosa, ma insolita. La discesa essendo così ripida, le chiesi più volte se fosse stanca; sempre mi rispondeva di no e sorrideva un po’ tristemente. L’ultima volta non rispose alla domanda. — Ti amo — disse — ti amo tanto, sei il mio sole, sei tutto, in questa vita, per me, e sarebbe un tal dolore se non potessi arrivare a esser tua moglie!

Le sue parole mi commossero e mi atterrirono più ch’io non sappia dire. Perchè parlava così? Lì per lì non potei saperne nulla per colpa dei nostri compagni, ch’erano allegri, loro; e avevano raccolto, da buoni tedeschi, una gran quantità di fiori cui facevano adesso a gara, ridendo e contendendo assai, di offrire a Violet. Questa aveva veduto il mio sgomento e cercava distruggere in me con una gaiezza nuova l’impressione delle sue parole tristi. Quando Dio volle s’arrivò a quel malinconico Assmannshausen, un villaggio posato in fondo al valloncello di vigneti grigi per cui eravamo scesi, sul fiume stretto,