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328 il mistero del poeta


In vita mia non mi vennero mai scritti venti versi così presto; però vi erano tante correzioni che Violet ne fu esterrefatta. Tentò decifrarle, ma inutilmente; dovetti legger io. Contavo molto sull’effetto dell’ultimo verso, e m’ingannai perchè fin dalla prima strofa Violet non ebbe il menomo dubbio di non essere lei la fata.

— Come puoi essere tu la fata — esclamai — se dico che vorrei sapere dove si nasconde?

— Sì, sì, — rispose, — ma già sono io.

E quando udì l’ultimo verso disse solo:

— Ecco.

Intanto sopraggiunsero gli Steele innamorati di Molkencur e risoluti di ritornar lassù con noi al tramonto. Vi salimmo infatti il signor Steele ed io a piedi, le signore in carrozza. Vi passammo due ore deliziose ad un tavolino appartato, con l’acceso tramonto e i piani vaporosi del Palatinato a fronte, colla valle del Neckar e lo Schloss ai piedi, bevendo l’aria pura dei boschi cui l’amico Steele aggiunse per suo conto alquanti chopes di birra. La piccola rotondetta signora Emma, piena d’intelligenza e di bontà, sosteneva contro di me la preminenza della let-