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il mistero del poeta | 309 |
mi rispose dolcemente: — No, caro, no. — E perchè io la guardavo come aspettando le sue ragioni, riprese che avrebbe tante cose a dirmi ma che quando era con me diventava incapace di ricordarle, incapace di ragionare. Preferirebbe scrivere. Appena detto così sorrise, e intesi subito a cosa aveva pensato. Ella mi lesse in viso e s’affrettò a dirmi che stavolta non si trattava di cose amare come a Belvedere, dove m’aveva annunciata la sua prima lettera colla stessa frase. La pregai di scrivere presto.
Promise di farlo la sera stessa.
Io pensavo a ciò che direbbe in questa lettera, e credo d’aver preso involontariamente un’aria grave. Allora fu lei che mi disse — I kiss you — e soggiunse con un delizioso accento di angustia:
— Non devi fare un viso così serio!
La signora Steele veniva verso di noi e in quello stesso punto passò una bambina, recando dei fiori. Violet la chiamò, come per dissimulare all’amica sua il nostro turbamento. — Che fiori hai? — diss’ella.
— Waldmeister.