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290 il mistero del poeta


Fu lei la prima che alzando il viso e gli occhi velati, smarriti in una felicità intensa, disse sotto voce:

— Mi ami?

Presi il caro viso fra le mani, lo trassi a me senza rispondere, posai le labbra sulle sue labbra, mi si oscurarono gli occhi, mi parve aspirar tutta l’aria, tutta la luce, tutta la vita del mondo. Udimmo in quel momento le voci dei signori Steele, ed avemmo appena il tempo di separarci. Quanto a me non potevo ancora parlare. Per fortuna gli amici di Violet intesero e parlarono sempre loro. Sulle prime non capii affatto ciò che dicevano; palpitavo ancora nella tempestosa gioja del momento appena trascorso, avevo i sensi troppo pieni di lei. Poco a poco intesi che mi consideravano una vecchia conoscenza, che sapevano già tanto di me e della famiglia. Avevano udito per la prima volta il mio nome non da miss Yves ma da una signora di Kreuznach, che aveva tenuto con me una corrispondenza letteraria. Mentre la signora Steele mi raccontava questo, Violet si ritirò.

— Un mese fa — disse allora ridendo il si-