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il mistero del poeta 289

seconda ombra che si avvicinava. «La signora Steele» diss’ella. Si sentiva vibrar nella sua voce una repressa gioja, ma ella era tuttavia perfettamente signora di sè, aveva l’usata grazia disinvolta. La signora Steele mi diede il benvenuto molto cordialmente, mi strinse forte la mano e mi presentò ad alcune altre ombre femminine e mascoline, pronunciando il mio nome con una sicurezza che mi fece piacere come se vi sentissi un poco dell’amore di Violet che doveva avermi nominato a lei ben di sovente. Ella condusse, o per meglio dire, lasciò cadere la conversazione in modo che in breve tempo i suoi visitatori, uno ad uno, se n’andarono. Quando uscì l’ultimo il cuore mi batteva da spezzarsi.

— Se permette — mi disse la signora — vado ad avvertire mio marito.

Rimasto solo con Violet, me le accostai rapidamente. Ella si alzò in piedi, mi piegò, abbracciandomi, la testa sul petto. Nè lei, nè io potemmo proferire parola. Non avevamo più senso del mondo esteriore e neppur coscienza di esistere divisi.