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268 | il mistero del poeta |
mentre mi premevo le mani sul viso, eran voci quasi dolorose, gemitus inenarrabiles. Cosa ne posso dire? Ho avuto questo senso, che Dio mi era vicino vicino, e che il mio spirito ne delirava.
Una digressione per Lei sola, amica mia. Vorrei che la filosofia positiva studiasse questi misteri, che ne apprezzasse imparzialmente il valore. Vorrei che comparasse fra loro la emozione dello scienziato che scopre una importante verità, la emozione dell’artista cui balena in mente un concetto di grande bellezza, la emozione di chi immagina e si propone un eroico sacrificio per il bene. Mi pare che la somiglianza loro si troverebbe facilmente. Tutte generano un piacere spirituale intenso, tutte staccano lo spirito umano dal mondo sensibile che lo circonda, lo inebbriano nel contatto di qualche cosa che prima non era in loro, che si potrebbe ancora, lo sentono, allontanare da essi, che deve quindi esistere anche distintamente per sè, benchè non s’intenda come. Noi possiamo però immaginare che tali contatti diversi avvengano per altrettante azioni diverse di un Essere solo, perfetto. Ora, se questo Essere esiste, ogni altro imma-