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il mistero del poeta 267

Forse uno di questi amici ricorda ancora di avermi detto: — Ti senti male? Sei pallido. — Fu in quella stradicciuola erbosa, fra i bastioni e la chiesa solitaria, che apersi la lettera e lessi queste parole:

«Mio Dio, cedo. Se sapesse, dovrei essere tanto afflitta, e sono tanto felice! Non mi troverà più a Norimberga. Partirò dopo la metà di giugno e il primo di luglio sarò a Rüdesheim am Rhein, presso la famiglia Steele, per ora; più tardi, forse, mi recherò in Inghilterra. Oh amico mio, non ho più che Lei! — V. Y.»

La porta laterale di Santa Maria era aperta. Vi entrai.

Anche adesso, quando sono in città, vado ogni giorno a Santa Maria, nella terza cappella a sinistra, quella grande, scura, con le due finestre gotiche dai vetri dipinti, dove andai allora; e sarebbe un vivo dolore per me se avessero a cambiare il vecchio banco dove m’inginocchiai fra la balaustrata e il confessionale.

Tali momenti sono inenarrabili. La gioia, la gratitudine dell’anima mia non avevan parole. Se qualche sommessa voce mi usciva dal petto