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266 | il mistero del poeta |
siffatte non erano mai da raccogliere. Forse Lei non si lasciò prendere a questa smentita apparente, perchè mi replicò, secondo il suo solito, che già ero un libro chiuso; ma intanto io non fui sincero. Giudichi se, in quella incertezza di cose e posta la mia natura, mi fosse facile di parlare. Se mi trova in colpa mi perdoni e mi tenga conto, a ogni modo, delle confidenze che Le feci più tardi là presso la chiesetta longobarda e della sincerità piena di quest’ora.
Ero arrivato a casa il 21 maggio, e al 1° giugno non sapevo ancora niente di Violet: mi venne il dubbio che ella mi avesse scritto fermo in Posta, e corsi a sincerarmene. All’ufficio non trovai nulla, ma poi incontrai il postino del mio quartiere che mi porse una lettera col francobollo straniero. L’afferrai; era lei.
Poteva esser la vita, poteva esser la morte; non ebbi il coraggio d’affrontare la mia sentenza in mezzo al viavai della gente. Lei conosce la stradicciuola senza nome lungo il fianco orientale di S. Maria ad muros, a due passi dalla Posta? Corsi là. Qualcuno mi fermò per via, mi rimproverò di non salutare gli amici.