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il mistero del poeta 207

fazzoletto giallo e rosso, vi guardò dentro, brontolò: è matto; poi si soffiò fragorosamente il naso, e, fatto un nero cipiglio, raggomitolandosi in furia il fazzoletto fra le mani, vi borbottò su a precipizio:

— È matto è matto è matto è matto.

— No, caro signor Topler — diss’io con un certo freddo sdegno nella voce — non lo creda.

— Ma cosa mi ha detto poco fa? — ribattè iracondo. — Non mi ha detto che miss Yves La respinge? E adesso vien fuori che L’ama?

— Scusi — gli risposi dopo un breve indugio — la confessione che per lealtà Le dovevo fare gliel’ho fatta. Solo con un amico vorrei spiegarmi di più, Lei mi dirà che oramai non possiamo essere amici. Capisco. Però io Le conserverò sempre una grande stima e una grandissima simpatia; e se Lei fosse disposto ad ascoltarmi un’ultima volta con amicizia...

Tacqui e tacque lui pure. Passati pochi secondi mi alzai con un gesto di rassegnazione. Anch’egli si alzò, prese il cappello e la mazza.

— La ringrazio a ogni modo — gli dissi tristemente, avviandomi all’uscio — di essere venuto.