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il mistero del poeta 177

quanto è debole il mio spirito! Ma solo addesso mi avvedo che la vanità egoista ha voluto dire in quell’altro modo.

«Sono debole di mente, sono vano. Il mondo non lo crede, ma che m’importa del mondo? A te, a te, lo dico, a te che mi ami. Mi tormenta l’idea che tu non sappia, malgrado le mie lettere, quanto sia povera e inferma l’anima mia. Che debolezza, che infinito riposo quando ti avrò detto tutto tutto, e m’amerai ancora! Sarà come un’ombra della vita ventura, dopo l’ultimo perdono.

«Dio, non oso quasi dirlo a me stesso! Vedo te che rileggi queste linee dopo lunghi e lunghi anni felici, quando non avrai più di me che la memoria e la speranza. È questo il posto d’una lagrima tua?

«Palpito, fuoco, amor diventa verso!
Entra nei dolci occhi di lei, va immerso
Nel fedele suo cor, sciogliti allora,
Torna palpito, fuoco, amore ancora.»

Più tardi uscii dall’albergo, non senza la lusinga irragionevole d’incontrar chi venisse dal