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il mistero del poeta 13

tutto, tutto ciò che faremmo noi, se vivi. Ove non si credesse alla mia parola, la confermi con testimonianze e documenti. Le saranno forniti, ad ogni richiesta, dal mio amico Dottor Paul Steele, di Rüdesheim am Rhein, Prussia.

È il giorno dei morti, la nebbia fuma intorno alle finestre della solitaria villa dove son ospite dei miei nipoti, mi chiude nelle memorie del passato. Qualcuno ripete sotto di me, al piano, non so che musica monotona di esercizi: odo nella stanza vicina passi tranquilli di servi. Nessuno immagina quel ch’io faccio, quel ch’io sento. La mia mano trema, il mio petto è un palpito solo, le lagrime mi ascendono alla gola. E il racconto parrà poi a me stesso così freddo! Vorrei parlare ma non con la parola che muore, parlare dall’ombra del mondo ignoto con la voce viva che va, che va, d’atomo in atomo, non posa mai, è udita forse nei mondi inaccessibili all’occhio umano, se vi sono colà spiriti potenti a sentire ogni moto. Vorrei poter parlare non alla folla, ma solo ai cuori generosi che una calunnia avrà contristati e ai cuori perversi che ne avranno goduto. Devo io dunque deporre la penna e af-