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148 il mistero del poeta

landone non guardavo Violet, temendo tradirmi, destare almeno un sospetto. Dissi che l’amavo molto, che su certe labbra mi suonava più soave di ogni altra, che talvolta era tanto rapida, limpida e delicata da somigliare, quanto è possibile, al pensiero.

— Sente, sente, sente? — disse, interrompendomi, il mio amico Topler a miss Yves. — È contenta?

Violet mormorò qualche parola che non s’intese.

— La signorina è inglese, capisce? — mi disse Topler. — Io sono un vecchio gufo selvaggio della Selva Nera che adesso vuole diventare un pappagallo della buona società e farà le presentazioni in regola.

Tutti risero, meno Violet ed io. Topler si pose a frugare nel suo portafogli.

— Credo di dover principiare da questo signore che non parla — diss’egli accennando del capo al suo compagno, una faccia buona e insipida che in fatto non aveva aperto la bocca due volte. — Prima però devo ricuperare la carta di visita del signore italiano, perchè il suo nome è bellissimo, ma molto più facile a con-