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il mistero del poeta | 145 |
per gli eccentrici modi del loro Schwabe. Mi dicevano con gli occhi; che ne penserà Lei? Topler non se ne dava per inteso, mi tempestava di domande sulle novità edilizie di Roma e di Firenze, sui restauri di Venezia e sulla musica italiana moderna. Rispondevo come potevo, e allora era un veloce fuoco di commenti vivacissimi; ora la gioia, ora la collera gli scintillavano dagli occhi e persin dai capelli. Notai però che se parlando di Roma gli toccavo del Papa e degli ordini nuovi, diventava muto, mi sfuggiva subito di mano. In musica era un antiwagnerista furibondo, un focoso ammiratore dei vecchi maestri italiani, specialmente di Clementi. Dapprima si parlava soli, lui e io; ma poi egli si pose a gittar motti a destra e a sinistra come uncini, strappando quà un sorriso, là una parola e gli riuscì di cucire un dialogo generale. Solo non venne a capo del silenzio di Violet.
Io non parlavo che per lei. Si finì con discorrere un po’ di tutto, d’arte, di natura, d’Italia e di Germania. Era per Violet che dipingevo Venezia alla giovinetta bionda, curiosa del mare, delle gondole e dei colombi. Ell’aveva l’aria