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il mistero del poeta 131

Lo sconosciuto sfogava la sua ammirazione da solo, ripetendo «bello! bellissimo!» Si alzava dal suo sgabello, correva a fiutare, quasi, col suo lungo naso aguzzo, le figure, e tornava frettoloso a sedere. Mi vide e mi disse, tutto ancora scintillante in viso, ma di piacere:

— Questa è una consolazione. — La mia memoria ebbe un lampo; era la voce dell’uomo che aveva conversato con Violet la sera prima, davanti al caffè Sonne. Mi affrettai a parlare, a consentire con lui, ma solo in parte, per pungerlo e trattenerlo. Ammirai la composizione del quadro e feci qualche appunto al colore, torbido e languido. Non so come glielo dicessi, perchè parlo un tedesco assai stentato e scorretto. Credetti che mi volesse mangiare. — Wie! Wie! Wie! Es ist ja eine Gruft! Est ist ja eine Leiche! — Come? Come? Siamo in una fossa! Vi è un cadavere! — Mantenni la mia opinione. Le ombre del quadro sono scure, ma non hanno profondità, la luce delle fiaccole sul cadavere è gialla ma non viva, il rilievo delle figure è scarso. Discutendo, lo sconosciuto diventava più mansueto. — Finalmente — diss'egli — io non posso di-