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delle logge, sugli esagoni balconi ogivali sporgenti dalle facciate. Pareva che le generazioni umane fossero spente e il sole oscurato da lungo tempo, che quelle vie fossero una visione magica del passato, ed io un’ombra.

Trovai la fonderia Yves poco fuori del Thiergärtnerthor. Un tale fra l’operaio e il soprastante mi disse che gli Yves abitavano nella Theresienstrasse, e m’indicò pure il numero della casa. Gli domandai se il padrone sarebbe venuto, più tardi, alla fonderia. Quale? — mi rispose. — Sono tre fratelli. — Allora parlai di quello ch’era stato in Italia e seppi ch’era tornato con la signorina da venti giorni, che non stava troppo bene, che veniva poco alla fonderia, che all’indomani vi sarebbe venuto certo. Chiesi se all’indomani non intendesse invece partire per Monaco. Quegli affermò ch'era impossibile. Prima di partire mi arrischiai a domandargli se gli operai non preparassero un regalo alla signorina per le sue nozze; mi disse di non saperne niente. — Sapete almeno — soggiunsi — quando si fa il matrimonio? — No — mi rispose con indifferenza — questo non mi riguarda.