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Gli passava davvero ben altro per la testa in quel momento che accarezzare quelle decrepite bestie mezze spelate e con gli occhi pieni di cispa!
La zia baronessa aveva ragione:
— Perchè egli non voleva? Perchè si ostinava a vivere solo?
E rientrando in casa, gli parve di rientrare in una spelonca.
Mamma Grazia, che non aveva ancora acceso i lumi, venne ad aprirgli portando con una mano la sporca lumiera di terracotta stagnata, col lucignolo a olio, che essa adoprava in cucina.
Dalla zia baronessa tutto era un gran vecchiume; ma vi si scorgeva la sorveglianza d’una intelligente e pulita padrona. Qua si sentiva il tanfo della trascuratezza, del disordine e dell’abbandono. Dal giorno che quella - non la nominava più neppure col pensiero - era andata via, egli non aveva più badato a niente, lasciando che mamma Grazia facesse quel po’ che poteva, non osando di rimbrottarla, di sgridarla, per via dell’età e del rispetto che le portava come nutrice e come vecchia persona di casa. Altra donna di servizio non voleva, anche per non fare dispiacere alla povera vecchia; servitori non gli piaceva di averne attorno, perchè li stimava indiscreti e ciarlieri.
Era vita questa? La solitudine ora gliene faceva sentire tutto il fastidio e la nausea. Vita bestiale!