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lui. Della nepote non ragioniamo; ha disonorato la famiglia. Vive in peccato mortale, sposata soltanto in municipio, per la tirannia di quell’eretico marito che essa ha voluto per forza... Se lo tenga!

— Che possiamo farci? Non è colpa nostra.

— Dammi retta. Suol dirsi: matrimoni e vescovati dal cielo son destinati. E questo di cui intendo parlarti è certamente tra i destinati, se non m’inganno. Ricordi?... Sì, sì; non c’è stata nessuna promessa tra voi due; non vi siete mai detta una parola di amore; ma non occorreva dirla. Eravate troppo ragazzi allora, e gli occhi e gli atti dicevano assai più di qualunque parola. Così essa si è tenuta sempre come vincolata. Se si fosse chiusa in un monastero, non avrebbe potuto vivere più fuori del mondo. È rimasta sempre in attesa, non ha disperato neppure quando tu eri tutto di quella donnaccia e davi lo scandolo di tenerla in casa...

— Ma, zia!

— Non m’interrompere, lasciami dire. Parlo per tuo bene.

Il marchese chinò il capo rassegnandosi.

Lo aveva mandato a chiamare col pretesto di consultarlo su certi miglioramenti da fare nel vigneto di Lagomorto. Ma egli, capito subito di che si trattava, si era preparato le risposte. Questa volta, però, a dispetto di ogni suo proposito, il marchese si sentiva imbarazzato da una strana fiacchezza di volontà.