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Che gli importava a lui, marchese di Roccaverdina, e del papa Pio IX e dei conventi e dei monasteri che il governo voleva abolire?

Il papa era lontano, e a Palermo c’era la Monarchia che funzionava da papa pei siciliani. In quanto ai conventi e ai monasteri, certamente erano una risorsa per certe famiglie... Ma i frati non avevano aiutato i rivoluzionari? Ben fatto, se ora i rivoluzionari li ringraziavano coi calci!... Egli non voleva impicciarsi di politica, nè d’amministrazione comunale, nè del papa, nè dei conventi!

— Bado ai fatti miei, signor canonico! E, vedete, i fatti miei sono laggiù, a Margitello; e lassù, per le colline di Casalicchio; e da questo lato, a Poggiogrande; e da quest’altro, a Mezzaterra, lungo il fiume... E il papa qua sono io, e il padre guardiano pure; stavo per dire: e la madre badessa anche!

Il canonico Cipolla sorrideva, pensando che allora la madre badessa il marchese se la teneva chiusa in casa, e non era un bell’esempio di moralità! Intanto gli rispondeva:

— Dite bene. Si parla per chiacchierare e per nient’altro!

E lo lasciava a misurare col compasso delle gambe la spianata.

In quel tempo, il marchese restava spesso lassù fino a tardi assieme con Rocco o con l’avvocato.