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Sentì un rumore di oggetto duro buttato sul tavolino; sentì lo scricchiolio della seggiola smossa...
— Tu!... Tu!
E il marchese indietreggiò alla vista inattesa. Indietreggiò anche lei davanti a quell’aspetto sconvolto.
— Perdoni, voscenza!
Non gli aveva mai parlato altrimenti, anche negli istanti più intimi, piena di gran rispetto per colui che ella aveva sempre stimato, più che amante, padrone.
Uscito fuori e richiuso l’uscio dietro a sè, il marchese la interrogava con sguardi feroci, stringendo i pugni, rialzando le larghe spalle, quasi volesse avventarsele contro.
— Senta, voscenza! — ella pregò. — Farà poi quel che vuole, ma senta, per carità!
Sembrava invecchiato di dieci anni, con la faccia non rasa da parecchi giorni, coi folti capelli in disordine.
— Chi sa chi ti manda! — mugolò. — Domineddio? O il diavolo?
— Perchè, voscenza?
— Che vuoi? Parla! Spicciati!
— Mi ha fatto chiamare la baronessa. Dice...
— Che cosa dice?
— Dice... che sono stata io che ho fatto ammazzare mio marito!
— E vieni a contarlo a me?