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— La marchesa può mandare a scacciarla. È lei la padrona.
— Ha perduto ogni suo diritto, abbandonando casa e marito. Io ammiro immensamente questa povera donna che ha fatto due giorni di strada, a cavallo, quasi senza fermarsi, soltanto per vederlo. Ieri sera, quando si è presentata e si è buttata ginocchioni, supplicante, io... che non sono di cuore tenero.... io e il dottore.... eravamo commossi come due ragazzi. Non abbiamo saputo dirle: — Tornatevene donde siete venuta.— Sarebbe stata una gran crudeltà.
— Ma ora....
— Ora, la lasceremo qui, fino a che non vengano a scacciarla via, se ne avranno il coraggio. È stata l’amante? E voi avete tali scrupoli?
— Non li chiamare scrupoli... Il marchese di Roccaverdina non deve morire con quella donna al capezzale... Sarebbe uno scandalo!
— Deve morire come un cane, alle mani di gente prezzolata, di Titta e di mastro Vito!... Questo, ah! non vi sembra scandalo! E poi dite che io sono uno scomunicato!... Ma c’è da rinnegare cento Cristi vedendo simili cose!...
Tre giorni dopo, l’ebetismo aveva fatto passi da gigante. Il marchese, liberato dalla camicia di forza, restava seduto su la seggiola a bracciuoli, cupo, silenzioso, con le mani sui ginocchi.