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fino a che non fossero arrivati la camicia di forza e l’apparecchio per le docce mandati a comprare a Catania.

Con lui si poteva ragionare. Invece quel clericalaccio di San Spiridione aveva fatto andare su le furie il cavalier Pergola, ripetendogli più volte: — Caro cavaliere, qui si vede la mano di Dio!

— E la zia Mariangela dunque, che riammattiva a ogni gravidanza? E bestemmiava e imprecava, mentre quando ritornava in senno era la più buona e onesta donna? E gli altri pazzi? La mano di Dio! Esquilibrio di nervi, sconvolgimento di cervello prodotto dal pensiero fisso, fisso sempre su la stessa idea.

Il dottor La Greca andava di accordo con lui. E se quel fanatico di don Aquilante aveva davvero iniziato il marchese nelle pratiche spiritiche, ce n’era d’avanzo per spiegarsi perfettamente quel che avevano sotto gli occhi. Gli ospedali di Parigi, di Londra, di Nuova-York — egli affermava — rigurgitavano di spiritisti ammattiti, uomini e donne.

Per ciò il cavaliere aveva fatto capire all’avvocato di non farsi più vedere in casa Roccaverdina.

— Insomma, dottore, non si può far nulla? Dobbiamo stare a guardare?

Lo zio don Tindaro avrebbe voluto ordinazioni di rimedi, tentativi almeno. Gli urli del marchese lo straziavano; e si desolava alla risposta del dottore:

— È assai se riusciamo a farlo mangiare!