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e di terrore, fissando la marchesa quasi volesse interrogarla e non osasse.

Ella non sapeva che cosa dirgli, un po’ impaurita da quelle parole di delirio che il marchese tornava a ripetere; e gli riaggiustava le coperte, cercando di impedire così gli scomposti movimenti di smania con cui egli accompagnava le parole.

— È andato via! Va, viene.... Don Aquilante dovrebbe scacciarlo....

— Glielo dirò.... Lo scaccierà — rispose la marchesa per secondarlo ed acchetarlo.

Tacque, senza però levarle i sospettosi sguardi di addosso, e a bassa voce, cautamente, riprendeva:

— Nessuno mi ha visto.... Con quel gran vento!... Non c’era anima viva per le vie.... E, infine.... un confessore ha la bocca sigillata.... È vero?

— Senza dubbio.

— E, infine.... i morti non parlano.... È vero? Era giallo nel cataletto, con gli occhi chiusi, la bocca chiusa, le mani incrociate. Come si chiamava!... Ah! Don Silvio....

Che significavano quei ragionamenti? La marchesa non capiva a quali circostanze accennassero; essi intanto le facevano intravedere qualche trista cosa, nel buio; e avrebbe voluto dissiparlo, spinta da penosa curiosità.

Ma il marchese già taceva di nuovo o balbettava parole che non potevano avere nessun senso per lei: