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Si era rincantucciato con le ginocchia piegate, quasi raggomitolato, con le mani davanti agli occhi, dopo di essersi lasciato insolitamente aiutare a spogliarsi dalla marchesa; e parve che si fosse sùbito addormentato. Ella stette a osservarlo, col cuore gonfio dal tristo presentimento di grave malattia. E pel timore che, entrando nel letto anche lei, non le accadesse di svegliarlo, si sedette su la seggiola dappiè, attendendo. Pregava mentalmente, e sussultava ogni volta che il marchese riprendeva a mugolare nel sonno parole incomprensibili. In un momento di calma del dormente, ella andò di là, e ordinò a Titta che prevenisse il dottore per domattina e avvertisse anche la signora Mugnos.

— Sta male il padrone? — fece Titta.

— È un po’ indisposto. Dite così alla mamma.

E più tardi, ordinato a Maria di andare a letto, si era affrettata a tornare in camera.

— No, no... Non lo fate entrare!... Chiudete bene l’uscio! — balbettò il marchese. — Venite qui, davanti a la sponda; così non potrà tenermi le dita su le pàlpebre per non farmi dormire.... A voi non può nuocere.... Non siete stata voi!...

Con gli occhi sbarrati, le mani brancolanti e un trèmito per tutta la persona e nella voce, il marchese si agitava sotto le coperte, voltandosi inquietamente da un fianco all’altro, alzando la testa dai guanciali per rivolgere attorno sguardi di sospetto