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E rimase assorto, con gli sguardi fissi nel vuoto. Don Aquilante lo guardò stupito.

— Vi sentite male? — gli domandò esitante.

— Chi ve lo ha detto? — fece il marchese riscotendosi. — Ho un chiodo, qui, proprio nel centro della fronte. Passerà. Non dormo da parecchie notti, come se mi tenessero due dita appuntate su le pàlpebre per impedire che si chiudano.

— Tornerò domani; sarà meglio.

— Sarà meglio — replicò il marchese distrattamente.

Don Aquilante uscì dallo studio scotendo la testa. Passando davanti a l’uscio del salotto, si sentì chiamare:

— Avvocato!

— Oh, signora marchesa!...

— Andate già via? Sedete.

— Tornerò domani. Il marchese è un po’ sofferente, dice.

— Infatti....

— Si strapazza troppo....

— Io non oso neppur domandargli come sta; s’irrita, non risponde.

— Effetto dell’insonnia.

— E della debolezza; mangia così poco da qualche giorno! Sono impensierita. Sta chiuso nello studio, rovistando carte.... La vostra visita, scusate, non mi rassicura. Affari che vanno male, forse?